Corte di Cassazione: ordinanza n.1351 del 12 gennaio 2024
“In tema di dequalificazione professionale, il giudice del merito, con apprezzamento di fatto incensurabile in cassazione se adeguatamente motivato, può desumere l’esistenza del relativo danno – avente natura patrimoniale e il cui onere di allegazione incombe sul lavoratore – e determinarne l’entità, anche in via equitativa, con processo logico-giuridico attinente alla formazione della prova, anche presuntiva, in base agli elementi di fatto relativi alla qualità e quantità della esperienza lavorativa pregressa, al tipo di professionalità colpita, alla durata del demansionamento, all’esito finale della dequalificazione e alle altre circostanze del caso concreto. L’autonomia organizzativa di cui può godere il responsabile di struttura complessa rispetto all’Azienda sanitaria, infatti, trova comunque un evidente limite nel rispetto dell’obbligo generale di piena osservanza delle regole che disciplinano il rapporto di lavoro e quindi nell’obbligo di assegnazione del lavoratore stesso alle mansioni di sua competenza, evitando che la violazione di quest’ultimo obbligo venga a ledere il diritto del lavoratore a non vedere compromessa la propria qualificazione professionale.
Dell’osservanza di tale obbligazione l’Azienda sanitaria viene a rispondere quale controparte contrattuale del lavoratore, senza poter conseguire esonero della propria responsabilità – che costituisce responsabilità da inadempimento – dalla condotta dei preposti alla struttura complessa, sul cui operato l’Azienda stessa è comunque tenuta a vigilare, assumendo le necessarie iniziative quando l’esercizio del potere organizzativo del responsabile si traduca nella illegittima lesione dei diritti dei lavoratori” (caso di demansionamento operato da un Direttore di Struttura Complessa in danno di un dirigente medico della struttura; l’azienda sanitaria si difendeva dicendo di “non sapere“).
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