Archivio per Categoria Responsabilità penale

Il rifiiuto del ricovero non sempre è omissione di atti di ufficio. Corte di Cassazione Penale, sentenza 3/12/2009 n.46512

E’ legittimo rifiutare il ricovero di un paziente se l’allarme è ingiustificato; non vi è reato di omissione di atti di ufficio.

La sentenza

Il diritto di critica prevale sulla possibile diffamazione. Cassazione Penale, sentenza 15 gennaio 2009 n.1369

Il diritto di critica prevale sula possbile difamazione in quanto esercizio di un diritto ani sensi dell’art.51 del codie penale.

La sentenza

L’azienda sanitaria risponde per l’operato del medico convenzionato? Cassazione Penale, sentenza 23 settembre 208 n.36502

L’azienda sanitaria non risponde dell’operato del medico convenzionato perchè non possono trovare applicazione nella fattispecie in esame gli artt. 1228 e 2049 c.c., norme che pongono a carico del datore di lavoro la responsabilità per i danni arrecati dai suoi dipendenti con dolo o colpa, stante la diversa natura del rapporto.

Il medico convenzionato infatti  svolge la sua attività in piena autonomia e non è vincolato dall’obbligo di rispettare gli ordini o le direttive del soggetto preponente.
Il medico convenzionato è del tutto libero sia nella predisposizione dell’organizzazione che mette a disposizione del paziente sia nella scelta delle cure da praticare.

La sentenza

Il rapporto di gerarchia non autorizza l’ingiuria. Cassazione Penale, sentenza 25 luglio 2008 n.31388

NON SI PUO’ DIRE AL PROPRIO SUBORDINATO: “LEI NON CAPISCE UN C…”

Con sentenza n.3338 del 25 luglio 2008 la Sezione IV Penale della Cassazione ha sostanzialmente confermato la sentenza della Corte d’Appello di Catania del 12 giugno 2007, affermando che commette il reato di ingiura il superiore gerarchico che apostrofi il dipendente a lui subordinato con la frase “Lei non capisce un c…” . Il rapporto di subordinazione non attenua i limiti al diritto del superiore di etero-determinare la prestazione del dipendente, anche eventualmente con la critica e la correzione, ma anzi il superiore deve far uso di una “attenta continenza espressiva” .

La sentenza

Chi denuncia il mobbing non diffama. Cassazione Penale, sentenza 23 aprile 2008 n.16870

Denunciare al superiore le vessazioni del collega di lavoro non è diffamazione perchè vi è l’esimente dell’adempimento di un dovere.

La sentenza

Legittimità delle registrazioni nella prova del mobbing. Cassazione Sez. Lavoro, sentenza 8 maggio 2007 n.10430

La Cassazione conferma un orientamento già espreso a SS.UU. in sede penale, e cioè che è legittima la registrazione di conversazioni purchè chi registra sia presente alla conversazione; la “intercettazione”, perseguibile penalmente, avviene solo quando chi registra non sia presente.
Nel caso in specie poi la registrazione eseguita  per fornire prova delle angherie subite al posto di lavoro costituisce anche esercizio del diritto del lavoratore alla tutela della sua salute e del diritto di difesa.

       La sentenza