Qualora la produzione di un evento dannoso, quale una gravissima patologia neonatale (concretatasi, nella specie, in una invalidità permanente del 100%), possa apparire riconducibile, sotto il profilo eziologico, alla concomitanza della condotta del sanitario e del fattore naturale rappresentato dalla pregressa situazione patologica del danneggiato (la quale non sia legata all’anzidetta condotta da un nesso di dipendenza causale), il giudice, accertata, sul piano della, causalità materiale (correttamente intesa come relazione tra la condotta e l’evento di danno,giusta disposto dell’art. 1221 c.c., comma 1), l’efficienza etiologica della condotta rispetto all’evento in applicazione della regola di cui all’art. 41 c.p. (a mente della quale il concorso di cause preesistenti, simultanee o sopravvenute, anche se indipendenti dall’azione del colpevole, non esclude il rapporto di causalità fra l’azione e l’omissione e l’evento), così ascrivendo l’evento di danno interamente all’autore della condotta illecita, può poi procedere, eventualmente anche con criteri equitativi, alla valutazione della diversa efficienza delle varie concause sul piano della causalità giuridica (correttamente intesa come relazione tra l’evento di danno e le singole conseguenze dannose risarcibili all’esito prodottesi) onde ascrivere all’autore della condotta, responsabile tout court sul piano della causalità materiale, un obbligo risarcitorio che non ricomprenda anche le conseguenze dannose non riconducibili etiologicamente all’evento di danno bensì determinate dal fortuito, come tale inteso la pregressa situazione patologica del danneggiato non etiologicamente riconducibile, a sua volta, a negligenza, imprudenza, imperizia del sanitario.
L’infemiere è destinatario di una posizione di garanzia nei confronti del paziente avente ad oggetto il decorso della convalescenza del paziente ricoverato in reparto, sì da poter porre le condizioni, in caso di dubbio, di un tempestivo intervento del medico. La sentenza:
In caso di lesione dell’integrità fisica – nella specie conseguente ad un infortunio sul lavoro – che abbia portato a breve distanza di tempo ad esito letale, è configurabile un danno biologico di natura psichica subito dalla vittima che abbia percepito lucidamente l’approssimarsi della morte, reclamabile dai suoi eredi, la cui entità dipende non già dalla durata dell’intervallo tra la lesione e la morte bensì dall’intensità della sofferenza provata; il diritto al risarcimento di tale danno è trasmissibile agli eredi. In tal caso tuttavia il danno psichico non può essere preso in considerazione una seconda volta come danno morale. (Nella specie, il S.C. ha confermato il riconoscimento nella misura del 100% del danno biologico terminale, jure successionis, avendo – in base agli esiti della effettuata ctu medica – il lavoratore subito un danno psichico totale per la presenza di una sofferenza e di una disperazione esistenziale di intensità tale da determinare, nella percezione dell’infortunato, un danno catastrofico, in una situazione di attesa lucida e disperata dell’estinzione della vita).
Deve essere riconosciuto il “danno morale, a ristoro della sofferenza psichica provata dalla vittima di lesioni fisiche, alle quali sia seguita dopo breve tempo la morte, che sia rimasta lucida durante l’agonia in consapevole attesa della fine”. Pertanto il danno cosiddetto “tanatologico” o da morte immediata va ricondotto nella dimensione del danno morale, inteso nella sua più ampia accezione, come sofferenza della vittima che lucidamente assiste allo spegnersi della propria vita” (v. Cass. 13-1-2009 n. 458, v. anche Cass. 8-4-2010 n. 8360). Tale danno, inoltre, come pure è stato precisato, “non rientra nella nozione di danno biologico recepita dal D.Lgs. 23 febbraio 2000, n. 38, art. 13” (v. Cass. 27-5-2009 n. 12326).
Con riguardo all’esercizio di attività pericolosa, qual è quella svolta dal gestore di impianto di scivolo veloce in sottostante piscina, anche nell’ipotesi in cui l’esercente non abbia adottato tutte le misure idonee ad evitare il danno, in tal modo realizzando una situazione astrattamente idonea a fondare una sua responsabilità, la causa efficiente sopravvenuta, che abbia i requisiti del caso fortuito e sia idonea – secondo l’apprezzamento del giudice di merito, incensurabile in sede di legittimità in presenza di congrua motivazione – a causare da sola l’evento, recide il nesso eziologico tra quest’ultimo e l’attività pericolosa, producendo effetti liberatori, e ciò anche quando sia attribuibile al fatto di un terzo o del danneggiato stesso.
Il figlio maggiorenne ed economicamente indipendente ha diritto al risarcimento del danno patrimoniale per la morte del padre se dimostra che quest’ultimo sosteneva economicamente il primo (caso relativo a decesso per errore medico). La sentenza estende il risarcimento oltre i caso di figli minorenni o non economicamente indipendenti, ed oltre il minimo dell’obbligo degli alimenti.
Anche le spese sostenute nella fase stragiudiziale possono essere comprese nella successiva richiesta giudiziale di risrcimento danni come danno emergente.
Per la prima volta una grave patologia viene collegata causalmente all’uso prolungato di cellulare e cordless per motivi di lavoro. L’INAIL condannato al pagamento della rendita per malattia professionale.
E’ annullabile il contratto stipulato con il falso medico che ha ingannato il paziente circa la sua qualità. Sentenza del Giudice di Pace di Varese del 18/10/2010 (da www.ilcaso.it):
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